Un altro incubo, una visione.
E questa volta, nel bel mezzo della giornata.
Sirius.
Aveva preso Sirius e l'avrebbe ucciso.
Questo era stato il mio unico pensiero, da quando l'immagine di Voldemort intento a torturare Sirius era apparsa chiara nella mia mente, fino a quando avevo lasciato Hogwarts, diretto al Ministero.
Sirius. Un nodo mi strinse improvvisamente lo stomaco. Se fossi arrivato troppo tardi? No. L'avrei saputo. Se Voldemort l'avesse già ucciso, io l'avrei sentito, così come avevo percepito chiaramente il pericolo in cui Sirius si trovava, quand'ero stato sopraffatto da quella visione. Hermione si era dimostrata piuttosto scettica al riguardo. Non mi importava. Sapevo cos'avevo visto e non avevo intenzione di tirarmi indietro.
Era venuta con me, Hermione, assieme a Ron e a pochi altri membri dell'E.S. che erano riusciti a sottrarsi alle grinfie della Umbridge e della sua squadra d'inquisizione. Avrei preferito agire da solo, sapevo a quali rischi andavo in contro e non avevo nessuna intenzione di vedere qualcun altro che moriva per cercare di aiutare me. Tuttavia avrei dovuto prevedere che non sarei riuscito a levarmeli di dosso: avevano insistito finchè, non volendo perdere altro tempo, avevo bruscamente accettato di farmi accompagnare.
Nessuno di noi fu particolarmente loquace durante il tragitto al Ministero. Udivo gli altri scambiarsi qualche parola di tanto in tanto, mentre io, più per scaricare la tensione che per altro, ripassavo a mezza voce il percorso che mi era stato mostrato dalla visione.
Non ero riuscito a scorgere molto, se non un numero in caratteri d'argento su uno dei tanti scaffali che circondavano Sirius e Voldemort: Novantasette.
Sapevo dove cercare. La visione mi aveva mostrato qualcos'altro, oltre la stanza in cui era rinchiuso Sirius: una porta.
La stessa porta che avevo intravisto poco prima della mia udienza al Ministero, prima dell'inizio della scuola, la stessa porta che continuavo a sognare da mesi, senza ricordare dove l'avessi già vista.
L'Ufficio Misteri. Entrati in quella sala, sembrò fossimo venuti lì in gita turistica. Ginny si incantò di fronte a una gigantesca campana di vetro, dentro la quale un colibrì continuava a nascere e crescere per poi ritrasformarsi in uovo, mentre io persi un'infinità di tempo ad osservare uno stupido arco che pareva vecchio di secoli. Tuttavia aveva qualcosa di affascinante: quel velo nero che continuava ad incresparsi mi incuriosiva.. provai istantaneamente l'impulso di attraversarlo ma, prima che potessi farlo, Hermione mi strappò ai miei pensieri "Andiamo, Harry?".
Mi diedi dell'idiota. Pensai a Sirius, catturato da Voldemort, torturato.. non avevo tempo da perdere.
Finalmente, dopo vari tentativi, riuscimmo a trovare la sala delle Profezie.
L'interno era buio, illuminato da una luce soffusa prodotta dalle candele poste qua e là, tra gli scaffali. Su questi, numerose, minuscole sfere di vetro brillavano di una debole luce. Le Profezie.
Mi avvicinai alla fila di scaffali più vicini e, alla luce dei candelieri, lessi un numero argenteo: cinquantatrè. Continuammo a procedere verso destra avvicinandoci sempre di più alla nostra meta.
-
Tenete le bacchette pronte- sussurrai.
Avanzammo con cautela, guardandoci alle spalle e superando le varie file degli scaffali finchè finalmente.. novantasette.
Guardai istintivamente il pavimento. Non c'era nessuno.
Mi guardai intorno, con una terribile pesantezza al cuore.
"Harry" disse Hermione "Non credo che Sirius sia qui".
Non risposi. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che Sirius non ci fosse. Io l'avevo visto, lui era lì.
Soltanto la voce di Ron mi distrasse dai miei pensieri.
Che idiota. Avrei desiderato sprofondare, piuttosto che sentirmi dire che, probabilmente, mi ero sognato tutto.
Tuttavia non era per questo che Ron mi aveva chiamato.
Mi avvicinai al punto dello scaffale che stava indicando e capii cos'aveva attirato la sua attenzione.
Sotto una delle profezie che emanavano una debole luce azzurra, c'era il mio nome.
Allungai lentamente una mano verso di essa e, ignorando gli ammonimenti di Hermione, la afferrai.
Non accadde niente e rimasi lì a fissarla per un istante, fin quando una voce spiacevolmente familiare risuonò alle mie spalle.
Osservai Potter e la sua piccola schiera di ammiratori affannarsi per cercare qualcuno che, qualunque idiota l'avrebbe capito, non aveva mai messo piede lì.
Scossi la testa domandandomi quanto ci avrebbero messo a notare il nome di Potter scritto a chiare lettere su uno degli scaffali a pochi metri da loro.
Dopo quella che sembrò un'eternità, finalmente uno dei ragazzi, pur non avendo un'espressione particolarmente sveglia, si accorse dell'ettichetta che recava il nome del suo compagno.
La luce dei candelieri illuminò il suo volto: capelli rossi, sguardo spento.
Non mi sorprese che Potter avesse stretto amicizia con un Weasley.
Il Prescelto si avvicinò in gran fretta allo scaffale dove si trovava quest'ultimo, forse sperando che avesse trovato segni del conflitto tra l'Oscuro e Sirius.
Attesi col fiato sospeso mentre il ragazzo allungava lentamente una mano verso la profezia.
Ancora pochi istanti e sarebbe stata nostra.. non doveva fare altro che toglierla da lì..
Intravidi Lucius sfoderare la bacchetta cominciando ad avanzare.
Lo seguii rimanendo a pochi passi dietro di lui.
Evidentemente non vedeva l'ora di dimostrare le sue capacità prendendosela con Potter.
Il tono con cui si rivolse a quest'ultimo era completamente diverso da quello che usava in presenza dell'Oscuro.
La voce era ferma, strascicata, non vi era traccia essa di quel timore che l'aveva invaso poco prima a Little Hangleton.
"Molto bene, Potter. Ora voltati lentamente e dammela"